La questione indiana
da Colombo al terzo millennio
Massimiliano Galanti
La questione indiana
da Colombo al terzo millennio
Massimiliano Galanti
Da Cristoforo Colombo al generale William T. Sherman, da Cape Cod alla conquista dell’oceano Pacifico, nessuno poté impedire che si compisse il "destino manifesto" che Dio in persona sembrava aver riservato agli uomini bianchi, i was’ichu, i "ladri di grasso".
Da est a ovest, da sud a nord, chiunque si fosse trovato sul loro cammino avrebbe dovuto trasferirsi altrove, e chiunque si fosse opposto avrebbe dovuto essere eliminato.
Per i popoli nordamericani lo scontro con la schiacciante superiorità tecnologica degli europei e dei loro discendenti fu disastroso, e ancor di più lo furono le malattie portate dai bianchi, fino ad allora sconosciute nel Nuovo Mondo.
A nulla valsero gli atti eroici, le resistenze accanite, la diplomazia e la saggezza dei capi tribali; alla fine del XIX secolo il drammatico declino demografico delle tribù superstiti e le disperate condizioni di vita nelle riserve fecero supporre, ai vittoriosi discendenti degli immigrati europei, di essersi finalmente liberati dall’ingombrante presenza di quei popoli "selvaggi e sanguinari".
Oggi, dopo più di cinquecento anni dall’inizio della conquista e oltre un secolo dall’ultimo grande massacro d’indiani, che a Wounded Knee segnò la fine del sogno di libertà dei popoli indigeni nordamericani, loro, i Native Americans, sono ancora fra noi e continuano a rivendicare le terre rubate e la propria dignità di popoli sovrani.
"Tutte le terre di questo governo sono possedute dal re di Gran Bretagna
come signore del feudo, e nessun titolo su qualunque terra in
questa colonia può derivare da una qualunque vendita fatta dagli indiani
col pretesto di essere i proprietari nativi di ciò."
– Corte del Connecticut, 1717 –
"Il diritto del nostro destino manifesto è di occupare
e impossessarci dell’intero continente che la Provvidenza ci ha dato
per realizzare il grande esperimento della libertà e dell’autogoverno federale."
– John O’Sullivan, 27 dicembre 1845 –
"Un giorno vedemmo un fulmine di luce.
Dopo sentimmo un suono sordo e la terra vibrare sotto i nostri piedi.
Non potevamo spiegarci cosa fosse successo […].
Solo dopo qualche tempo sapemmo che avevamo vissuto
il primo test nucleare nel cuore del nostro territorio."
– Pauline Estevens, anziana shoshone, estate 1951 –
Massimiliano Galanti
Massimiliano Galanti da circa trent’anni si occupa di diritti dei popoli indigeni.
Dal 1995 è membro del Comitato direttivo dell’associazione Il Cerchio (Coordinamento nazionale di sostegno ai nativi americani). In questa veste ha partecipato, a Ginevra, nei mesi di luglio 2000 e 2001, ai lavori del Working Group on Indigenous Populations, organismo consultivo delle Nazioni Unite.
Ha partecipato inoltre all’organizzazione degli eventi politico-culturali che l’associazione Il Cerchio ha messo in atto su richiesta di varie organizzazioni e persone indigene nordamericane. Partecipa al Comitato 11 OTTOBRE che ha promosso una campagna per l’istituzione di una Giornata della memoria del genocidio dei popoli indigeni e per chiedere al Parlamento italiano di ratificare la Convenzione ILO 169.
Da Cristoforo Colombo al generale William T. Sherman, da Cape Cod alla conquista dell’oceano Pacifico, nessuno poté impedire che si compisse il "destino manifesto" che Dio in persona sembrava aver riservato agli uomini bianchi, i was’ichu, i "ladri di grasso".
Da est a ovest, da sud a nord, chiunque si fosse trovato sul loro cammino avrebbe dovuto trasferirsi altrove, e chiunque si fosse opposto avrebbe dovuto essere eliminato.
Per i popoli nordamericani lo scontro con la schiacciante superiorità tecnologica degli europei e dei loro discendenti fu disastroso, e ancor di più lo furono le malattie portate dai bianchi, fino ad allora sconosciute nel Nuovo Mondo.
A nulla valsero gli atti eroici, le resistenze accanite, la diplomazia e la saggezza dei capi tribali; alla fine del XIX secolo il drammatico declino demografico delle tribù superstiti e le disperate condizioni di vita nelle riserve fecero supporre, ai vittoriosi discendenti degli immigrati europei, di essersi finalmente liberati dall’ingombrante presenza di quei popoli "selvaggi e sanguinari".
Oggi, dopo più di cinquecento anni dall’inizio della conquista e oltre un secolo dall’ultimo grande massacro d’indiani, che a Wounded Knee segnò la fine del sogno di libertà dei popoli indigeni nordamericani, loro, i Native Americans, sono ancora fra noi e continuano a rivendicare le terre rubate e la propria dignità di popoli sovrani.
"Tutte le terre di questo governo sono possedute dal re di Gran Bretagna
come signore del feudo, e nessun titolo su qualunque terra in
questa colonia può derivare da una qualunque vendita fatta dagli indiani
col pretesto di essere i proprietari nativi di ciò."
– Corte del Connecticut, 1717 –
"Il diritto del nostro destino manifesto è di occupare
e impossessarci dell’intero continente che la Provvidenza ci ha dato
per realizzare il grande esperimento della libertà e dell’autogoverno federale."
– John O’Sullivan, 27 dicembre 1845 –
"Un giorno vedemmo un fulmine di luce.
Dopo sentimmo un suono sordo e la terra vibrare sotto i nostri piedi.
Non potevamo spiegarci cosa fosse successo […].
Solo dopo qualche tempo sapemmo che avevamo vissuto
il primo test nucleare nel cuore del nostro territorio."
– Pauline Estevens, anziana shoshone, estate 1951 –
Massimiliano Galanti
Massimiliano Galanti da circa trent’anni si occupa di diritti dei popoli indigeni.
Dal 1995 è membro del Comitato direttivo dell’associazione Il Cerchio (Coordinamento nazionale di sostegno ai nativi americani). In questa veste ha partecipato, a Ginevra, nei mesi di luglio 2000 e 2001, ai lavori del Working Group on Indigenous Populations, organismo consultivo delle Nazioni Unite.
Ha partecipato inoltre all’organizzazione degli eventi politico-culturali che l’associazione Il Cerchio ha messo in atto su richiesta di varie organizzazioni e persone indigene nordamericane. Partecipa al Comitato 11 OTTOBRE che ha promosso una campagna per l’istituzione di una Giornata della memoria del genocidio dei popoli indigeni e per chiedere al Parlamento italiano di ratificare la Convenzione ILO 169.
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